
Diritto, complessità, innovazione
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Rossi e Bombardelli hanno posto al centro delle loro analisi temi fondamentali dello scenario tecno-economico odierno, tali da interessare trasversalmente diverse discipline: 1) complessità procedimentale e organizzativa, ampliamento e diversificazione delle sfere dei diritti, esorcizzazione del rischio e , conseguentemente, delle responsabilità (Rossi); 2) Impoverimento della tecnica legislativa e quindi della qualità delle leggi, inflazione normativa senza apparenti limiti, instabilità normativa con abbondanza di circoli viziosi tra superfetazione interpretativa di leggi emanate e reinterpretate, dinamica interattiva e complessa, non di rado conflittuale, tra una crescente molteplicità di interessi pubblici (Bombardelli).
Quest’ultimo ha poi descritto lo schema mentale “sottrattivo” con cui si affrontano i problemi: 1) prevalenza di un metodo per così dire nomologico-deduttivo, nel senso che è comunemente adottata l’assunzione che l’Amministrazione debba partire da disposizioni chiare e distinte, con una ispirazione entimematica improntato ad un mondo di riferimento essenzialmente cartesiano, e conseguentemente tale da ricondurre “la dinamica dei soggetti coinvolti nell’attività amministrativa a quella del rapporto tra autorità e libertà”. Gli effetti del modello mentale prevalente si esprimono nell’insistenza su temi rassicuranti sul piano formale, ma al tempo stesso vuoti in termini di efficacia operativa: semplificazione, automatismi, accelerazione procedimentale, contenimento della proliferazione normativa, e così via.
In questo breve scritto vorrei proporre alcune riflessioni da economista studioso dei processi innovativi, che nell’epoca odierna sono estremamente complessi e presentano aspetti sui quali vale la pena riflettere ai fini delle dinamiche di produzione di norme, leggi e istituzioni. Non a caso un economista Premio Nobel, Douglas North, è famoso per la sua teoria evolutiva delle Istituzioni.
È innanzitutto necessario un chiarimento, che rafforza una delle tesi di fondo di Bombardelli: bisogna distinguere tra complicazione e complessità. Complicato è un sistema i cui elementi e le interrelazioni tra di essi sono note, insieme alle conseguenze di queste ultime.
In sostanza, si è in presenza di un sistema caratterizzato da comportamenti lineari e prevedibili, ostacolati oppure impediti da un sovraccarico di componenti, senza che vi siano giustificazioni apparentemente fondate. In queste condizioni il governo di tali sistemi può essere problematico, ma non impossibile, dato che i rimedi sono individuabili one shot con più o meno fatica e quindi poste in essere azioni risolutive.
La complessità si ha quando siamo in presenza di sistemi composti da elementi eterogenei, investiti da processi e dinamiche multi-scala (e cross-scale). Le interazioni tra molteplici fattori, processi e agenti di questa natura danno origine a dinamiche non lineari, che non possono essere previste con precisione e riservano “sorprese”, eventi e traiettorie non previste.
La varietà degli elementi che compongono un sistema socio-economico, la loro evoluzione nel tempo sotto l’influenza di un insieme aperto di fattori causali, e le interdipendenze che si sviluppano a varia scala (territoriale, cognitiva, socio-istituzionale ed economica) caratterizzano l’attuale dinamica tecno-economica come uno “spazio generativo”, ovvero uno spazio dove le interazioni tra i domini conoscitivi ed esperienziali dei vari agenti produce incessantemente variabilità e incertezza sulle traiettorie evolutive. Entro quello spazio generativo, infatti, la configurazione delle reti di interessi e dei rapporti di potere mutano continuamente, specie alla luce del fatto che viviamo in uno “spazio connettivo globale”, incentrato sull’ubiquitous computing e sulle interdipendenza tra flussi globali di informazioni, merci e persone. Ciò alimenta un orizzonte tecnico-scientifico, produttivo e socio-economico in continuo movimento: siamo nell’era dell’innovation-driven economy, caratterizzata da processi innovativi in continua accelerazione e tali da innescare trasformazioni profonde ed estese.
In tale scenario il diritto si deve misurare con sistemi evolutivi complessi, mentre fonti generatrici di innovazioni normative sono sempre più diversificate e multi-scala, da quella locale a quella nazionale e sovranazionale, tendenzialmente planetaria, come in relazioni a questioni ambientali.
Due esempi per cercare di chiarire questa affermazione.
Con l’Accordo di Parigi del dicembre 2015, 195 Paesi si sono impegnati ad accelerare la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra e a contenere l’aumento della temperatura del pianeta entro i 2 gradi (1,5 come target da sforzarsi di raggiungere). La concretizzazione dell’impegno è un processo multi-scala, che richiede interventi a cascata, fino a misure di regolamentazione del traffico urbano, riscaldamento degli edifici e così via, mentre dovrà cambiare anche il comportamento dei consumatori a livello individuale e collettivo. In questo esempio troviamo tutti gli ingredienti della complessità precedentemente indicata, che deve indurre un profondo cambiamento culturale e strategico.
Un altro esempio, lontano a noi e al tempo stesso capace di influenzare decisioni globali, le cui ripercussioni potrebbero riguardarci direttamente. In un’area scarsamente popolata dell’Ovest del Texas, un’enorme estensione di terreno sta sprofondando di 4 mm l’anno, fino a formare un lago prima inesistente (Lago Bohemer).
La causa fondamentale del fenomeno geologico è l’aumento dell’attività estrattiva di petrolio e gas, necessari per incrementare il fatturato dell’economia Usa e perseguire l’auto-sufficienza energetica americana, oltre che per sfruttare al meglio le opportunità dei mercati finanziari globali e contenere i processi generatori dell’effetto serra.
Come si vede ci troviamo di fronte all’intersezione di processi multi-scala, dal livello statale a quello federale e internazionale, con feedback strutturati e cross-scale, che interessano trasversalmente i vari livelli di un assetto tecno-economico, politico-istituzionale, coinvolgendo una pluralità di interessi molto differenti in gioco, mentre devono confrontarsi più o meno evidenti network di potere economico, politico, giuridico, culturale e istituzionale.
I due esempi addotti, pur molto diversi, fanno parte di un insieme molto ampio di casi analoghi, riferiti sia la nostro Paese che a livello internazionale: si pensi per esempio al dieselgate e alla recente decisione della Corte Federale di Lipsia circa la possibilità delle autorità cittadine di vietare la circolazione delle auto alimentate a diesel.
Gli esempi precedenti indicano chiaramente che un nuovo modello mentale dovrebbe ispirare l’evoluzione del diritto in tutte le sue articolazioni: non più realtà statica, come afferma anche Bombardelli, da cui dedurre un quadro cui collocare i processi e gli agenti reali, bensì una realtà che evolve grazie alle interazioni che si sviluppano in sistemi reali complessi, perché ricchi di feedback cumulativi multi-livello.
Ciò accade perché nello scenario tecno-economico odierno e nello spazio connettivo globale i problemi emergenti sono per lo più wicked, così come sono stati definiti dai teorici della pianificazione urbana Rittel e Weber (1973), ovvero problemi per i quali non c’è una soluzione razionalmente definibile a priori e in modo univoco, come nei classici problemi di ottimizzazione ingegneristica. Per questi ultimi, infatti, esiste una formulazione esaustiva, che contiene tutta l’informazione necessaria per risolverli e conseguentemente eseguire le dovute azioni, ovviamente se si è in grado di esercitarle.
I wicked problems sono per contro caratterizzati da una serie di aspetti, che li rendono intrattabili dal punto di vista della pianificazione esaustiva: 1) l’informazione relativa ad essi è giocoforza incompleta. 2) Vi è una pluralità di obiettivi e di portatori di interessi. 3) La formulazione del problema è essa stessa un problema, perché dipende dall’orientamento adottato da agenti interattivi che sviluppano ricerche divergenti nella direzione di possibili soluzioni. 4) Essi non ammettono soluzioni definite in modo netto (true-or-false) bensì soddisfacenti (good-or-bad, good enough). 5) Non sono risolubili una volta per tutte, ma devono essere affrontati con un approccio sequenziale, per cui ogni soluzione è temporanea, in quanto generatrice di effetti estesi sul piano temporale e spaziale, dato lo spazio connettivo globale in cui sono ormai irreversibilmente inserite i sistemi socio-economici. 6) Non può darsi, se non in casi limitati, una soluzione univoca, da valutare sul piano della coerenza e dell’efficienza. Al contrario, il più delle volte esiste una pluralità di soluzioni, che possono a loro volta evolvere e l’insieme di partenza può al contempo variare.
Per cercare di chiarire ulteriormente, nel gioco degli scacchi o nel caso del cubo di Rubik lo spazio delle soluzioni è numerabile, anche se il calcolo della soluzione richiede un’elevata potenza computazionale, tendenzialmente superiore alle possibilità umane. Per i wicked problems lo spazio delle soluzioni cambia nel corso del tempo sulla base delle strutture interattive multi-scala. Esempi di wicked problems addotti riguardano essenzialmente questioni oggetto di decisioni pubbliche: collocazione di infrastrutture, provvedimenti fiscali, riforme di processi formativi, governo del territorio e controllo dell’evoluzione urbana.
Siamo dunque nel regno della complessità e di conseguenza i processi di elaborazione e attuazione normativa devono superare modelli mentali statici, che abbiamo precedentemente definito nomologico-deduttivi, per adottare invece uno schema generale di natura dinamica e adattativa, che non significa cambiare idea “ad ogni piè sospinto”.
È necessario essere consapevoli dell’importanza di una discontinuità strategica e culturale: occorre passare dalla ricerca, spasmodica e raramente di successo, dell’ottimizzazione dei processi all’adattatività strategica, misurandosi con dinamiche e processi densi di feedback cumulativi e gerarchici. L’auspicata ottimizzazione induce a perseguire un’impostazione operativa fatta di continui aggiustamenti e stratificazioni normative di natura per così “geologica”, perché si sovrappongono le une alle altre in tempi più o meno brevi, determinando grovigli inestricabili (complicazione) e vischiosità paralizzanti. L’assunzione della complessità dei processi e dell’adattatività strategica comporta innanzitutto che non si proceda per tentativi “ciechi e casuali”, bensì mediante la progressiva messa a fuoco di tre ingredienti fondamentali delle dinamiche tecnico-produttive e istituzionali: 1) interdipendenze tra gruppi di soggetti e processi. 2) Persistenza, anche in nuove forme, di conflitti tra visioni ed esigenze, inerenti alla realtà.
I conflitti devono essere trasformati in motori dinamici del cambiamento attraverso l’adozione di una chiara visione, il più possibile condivisa ed emendabile nel lungo periodo. 3) Le interferenze e la commistione di forze e gruppi di potere sono inevitabili e l’unico modo di per contenerle, evitando stratificazioni geologico-normative, risiede nel rafforzamento del potere pubblico in varie forme.
Veniamo allora ad uno dei punti più importanti e controversi: lo spazio del potere pubblico. Proponiamo alcuni brevi spunti di riflessione, da sviluppare attraverso un confronto multi-disciplinare.
E’ assolutamente necessario formare una tecno-struttura pubblica sia nell’elaborazione delle norme che nella loro esecuzione e nell’esercizio del potere sanzionatorio in caso di inosservanza o violazione.
Una tecno-struttura pubblica all’altezza delle sfide odierne deve possedere alcune peculiarità: 1) capacità di sviluppare processi decisionali mediante elevate attitudini ad operare secondo una logica abduttiva, che consiste nel formulare ipotesi da sottoporre al vaglio dei processi reali ed essere poi in grado di verificare ed eventualmente riformulare lineamenti strategici, regole e comportamenti. 2) Una cultura tecnico-manageriale incentrata sull’idea di misurarsi con sistemi complessi adattativi, cioè composti di entità eterogenee, a loro volta stratificate al proprio interno, che evolvono nell’ambito di strutture interattive multi-scala. 3) Sviluppo di capacità di coordinamento strategico tra visioni, interessi e rapporti di forza molto differenziati in varie sfere della vita economico-sociale.
Ciò è possibile se tale tecno-struttura è in grado di elaborare sintesi integrative di medio-lungo periodo, senza le quali nei sistemi complessi diviene elevato il rischio di degradazione entropica, quindi di schizofrenia socio-politica, preludio dell’impossibilità di ricondurre l’evoluzione sociale e normativa entro i confini dei principi fondamentali di civiltà, scoperti dall’umanità nel corso della sua lunga e tormentata evoluzione.